Villa Palazzina – Scandiano


Il toponimo "la Palacina o Palazzina" è nominato, per la prima volta, in una carta scandianese della seconda metà del secolo XV. Il luogo, fuori dal castello di Scandiano, era costituito dalla casa padronale o "Casino", come era a quei tempi chiamato, dalla ghiacciaia, dalle abitazioni dei rustici e dai terreni, ed era soggetta, come giurisdizione ecclesiastica, alla pieve di Santa Maria. La Palazzina è stata, per cinque secoli, protagonista e spettatrice dei fatti e delle vicende che hanno interessato la nostra gente.
Essa ha accolto il conte poeta Matteo Maria Boiardo, ha visto passare gli eserciti invasori di Francia e di Spagna, nascere la chiesa dei cappuccini, ha ascoltato le musiche di Gian Battista Crivelli e assistito agli esperimenti di Lazzaro Spallanzani.
La Palazzina fu, per tre secoli, l’abitazione dei signori Crivelli. Questa famiglia, con quelle degli Spallanzani, Magati e Vallisneri, fu una delle più facoltose e prestigiose di Scandiano. Il notaio Tommaso Crivelli (1479-1529) fu commissario di Scandiano e cancelliere del conte Matteo Maria Boiardo; Gian Battista, suo discendente, fu un celebre musicista e maestro di cappella del duca Francesco I°.
Nel secolo XVIII la Palazzina, con tutte le sue dipendenze, fu acquistata dalla famiglia Medici. Quirico Medici, insigne giurista e marito di Feliciana Spallanzani, ricoprì, per molti anni, la carica di governatore di Scandiano e di ministro di giustizia del duca Francesco III. Anche Lazzaro Spallanzani, fratello di Feliciana, era solito trascorrere molta parte delle sue vacanze estive scandianesi, nella casa del cognato. Nelle stanze della Palazzina preparò e portò a compimento alcune delle sue famose esperienze. A tal proposito, il 26 dicembre 1794, così scriveva da Pavia al fratello Nicolò:"…voglio credere che con la neve caduta e co’ ghiacci precedenti auranno costì pensato ad empire la ghiacciaia della Palazzina del signor Battistino Medici. Lo aueri a caro anche per alcune mie sperienze da farsi col freddo artificiale l’estate ventura costà".
Alla fine del secolo XIX, la Palazzina ospitò per alcuni anni, la famiglia del dottor Felice Campani. Il figlio Silvio, valido enologo e buon poeta, dedicò alla Palazzina una delle sue più belle poesie. Così la descrive: "Modesto, o Palazzina, / è il nome che t’han dato / ma superbo è il tuo poggio, / superba la tua china: / il sito tuo fantastico / sempre, fin da fanciullo, ho vagheggiato. / La chiesa e l’orme celle, / al poverel d’Assisi / sacre, da un lato sorgono: / quinci le arene belle / del patrio fiume splendono / del sol d’Italia ai fulgidi sorrisi / …".

                                                                                           Roberto Gandini


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